Volley, Pittera: quel Gabbiano d’argento che non ha mai smesso di volare

Il tecnico studia e insegna ancora ai ragazzini. E in Argentina c’è una fondazione con il suo nome. “La mia mente ha sempre voglia di apprendere e da un paio d’anni sono coinvolto nello sviluppo di un progetto, di un sistema PSI.CO.M. che apre prospettive enormi nel sistema cognitivo e motorio, a partire dai bambini”

 

Se volete far arrabbiare Carmelo Pittera, 73 anni e una vita passata in palestra, dategli del vecchio. Abbiamo provato noi il test ed ecco l’intervista che ne è venuta fuori. Perché chi non conosce bene l’allenatore catanese, rimane prima interdetto dal suo fare burbero e dal suo biascicare poche parole, dal suo essere uomo di fatti. Invece quella magica parola, vecchio, stuzzica la favella e viene fuori l’entusiasmo di un appassionato dello sport, oltre la pallavolo.

vecchio a chi?“Si parla con troppa superficialità e ignoranza. Che significa essere vecchio? La mia mente ha sempre voglia di apprendere e da un paio d’anni sono coinvolto nello sviluppo di un progetto, di un sistema PSI.CO.M. che apre prospettive enormi nel sistema cognitivo e motorio, a partire dai bambini». Una passione che Pittera coltiva da oltre quarant’anni «Quando allenavo la Paoletti – primo club siciliano a vincere uno scudetto, era il 1978 – appena finivo correvo in altre palestre di Catania o anche nelle scuole e sui campi di calcio per vedere bambini allenarsi. Mi ha sempre affascinato il movimento, lo sviluppo degli schemi motori, come il cervello lavora per elaborarli”.

le ramanzine di papa’Studi sempre portati ai massimi livelli, in una sorta di competizione che comincia oltre mezzo secolo fa a casa Pittera: “Papà ripeteva sempre: ‘In casa ho un asino e una chitarra’. Il metaforico suono della chitarra era quello di mio fratello, medico e poi primario. L’asino ovviamente ero io perché mi occupavo di sport, ritenuto inferiore”. Invece il giovane Carmelo – a 33 anni campione d’Italia e vice campione del Mondo con la nazionale maschile – è già professore dello sport e continua nei suoi studi di altissimo profilo. Coltiva la sua amicizia – nata a Catania negli Anni Sessanta – con Carmelo Bosco, il fisiologo famoso nel mondo per i suoi metodi nella preparazione fisica, seguendolo per lunghi periodi anche in Finlandia dove si era trasferito. “L’incontro con Bosco è stato fra i più importanti della mia vita. Come quello con Gianfranco Briani, storico segretario generale della Fipav e uomo sempre avanti nel modo di pensare”.

la scintillaAlmeno l’ultima, scatta due anni fa. Pittera è al Cairo, dove allena le rappresentative giovanili dell’Egitto; va a trovarlo l’amico Quique Edelstein – tecnico argentino con buoni risultati ottenuti negli Anni Ottanta nel nostro campionato – cui racconta di questo suo progetto da sviluppare sul sistema cognitivo e motorio. Edelstein inaugura a Buenos Aires la “Fundacion Carmelo Pittera” la struttura che oggi incrementa gli studi su questo tema. “Il supporto di Quique è stato essenziale, a quel punto ho riattivato in fretta il canale col professor Massimo Sciuto, uno studioso col quale già nel ‘94 avevo pubblicato: ‘L’attenzione nel giocatore di pallavolo’. E così per due anni abbiamo lavorato tutti insieme al nuovo libro che abbiamo già presentato in Argentina, pubblicato in castigliano, e che martedì prossimo presenteremo a Roma: ‘Il Sistema PSI.CO.M.’. Siamo solo all’inizio di un lavoro che potrà avere sviluppi scientifici eccezionali”.

in movimentoPittera spiega meglio il lavoro, che nel frattempo si sta arricchendo di altre pubblicazioni: i «Quaderni motori», delle dispense con esercizi facili da comprendere che qualsiasi insegnante può far applicare ai propri studenti a partire dai primissimi anni, dunque pure all’asilo. “Studi neuroscientifici hanno confermato che da 0 a 10 anni il movimento è responsabile del cognitivo, mentre da 11 anni il cognitivo diventa responsabile del motorio. Quando si va verso la terza età c’è una nuova inversione, come un cerchio che si chiude e si torna a essere come da bambini. Ecco perché ora si comincia a parlare dell’attività cognitivo-motoria da 0 a 99 anni. Stiamo sperimentando a vari livelli. Dai bambini agli anziani. Ai primi sarebbe bene, fino almeno agli 8 anni, non insegnare una disciplina sportiva, ma far sviluppare loro schemi motori attraverso strade ludiche e cognitive connesse a linguaggi e simboli di diversa natura, che possano aiutare a pensare da soli e migliorare i sistemi percettivi, utili allo sviluppo successivo di una attività agonistica. Per il resto stiamo lavorando sia in Argentina sia in Italia con soggetti anziani che hanno problematiche di Alzheimer o di altra natura neurogena. I giovani con la sindrome di Down”.

entusiasmoCarmelo non parla mai di “vecchi”. “Non so cosa significhi vecchio. Io nella mia vita ho sempre esplorato, imparato e a volte qualcosa ho pure insegnato. Sono stato sempre avanti nelle mie scelte, spesso anche non capite. Mi appassionano questi studi che stiamo approfondendo, oggi non mi manca la palestra e la pallavolo, anche se la seguo sempre. Far crescere bene i nostri ragazzi, al di là della disciplina che poi praticheranno una volta cresciuti, significa anche avere un Paese più sano che spende meno per la sanità”.

Fonte: La Gazzetta dello Sport [ http://bit.ly/2AqwJbF ]

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